Per il G20 in Giappone fui ricevuto a Tokio dal nostro ambasciatore. E lui, prima del nostro incontro, ci tenne a mostrarmi una cosa: era una bicicletta da corsa italiana che aveva fatto esporre come un’opera d’arte all’ingresso dell’ambasciata.
Mi disse con orgoglio che le bici italiane erano un mix perfetto di tecnologia, design e sviluppo sostenibile. Come dargli torto! Parlare di biciclette significa infatti parlare di un’industria altamente sviluppata che porta alto nel mondo il valore del Made in Italy.
Ecco perché le critiche assurde ai nostri bonus biciclette mi hanno sempre strappato una risata. Si è trattato infatti di provvedimenti lungimiranti per rispondere a una crescente domanda e per sostenere un settore industriale in forte espansione, perfettamente in linea con la Transizione Ecologica e Sostenibile.
E guardate che non lo abbiamo fatto solo con i bonus mobilità (andati a ruba). Ma anche con politiche di sviluppo capaci di portare la bike industry verso processi di innovazione (penso ai digital transformation manager, ai fondi per incentivare la robotizzazione e l’intelligenza artificiale, e altro ancora).
“E’ verissimo: in Italia la domanda sul mercato è molto alta in questi ultimi mesi; questo è dovuto a tutta questa situazione pandemica che ha alimentato in tutto il mondo l’utilizzo della bicicletta; stiamo avendo una domanda molto alta. La sfida oggi è cercare di star dietro a questa domanda, quindi alzare più possibile la produzione interna ed esterna. Le aziende della bike industry devono affrontare dei cambiamenti e delle evoluzioni strutturali interne per riuscire a stare dietro a livelli di produzione molto alti”.
E se lo dice Davide Campagnolo, direi che basta.