Chi mi conosce lo sa: amo la mia terra. La Franciacorta, le alte montagne bresciane e bergamasche da scalare in bicicletta, la poesia delle cascine di pianura. Adoro il fiume Oglio che dà il nome al paese dove vivo e amo follemente il lago d’Iseo: unico, meraviglioso, spettacolare. Una perla decantata in tutto il mondo e attorno al quale si fanno, a buon diritto, tanti progetti sul suo valore ambientale, paesaggistico, turistico. Progetti che, troppo spesso, finiscono nel vuoto.
Pensiamo al cementificio di Tavernola Bergamasca: un impianto che risale ai primi del Novecento e che oggi, da qualsiasi punto lo si guardi, disturba l’armonia del paesaggio come un pugno nell’occhio. Da anni verso di esso cresce il fastidio e la preoccupazione, anche perché i proprietari che si sono susseguiti negli ultimi vent’anni le hanno provate tutte per alimentarlo con rifiuti, scarti e sostanze similari. “Combustibili” sicuramente meno costosi del carbon coke, ma probabilmente non meno inquinanti.
Dopo tanti tentativi, i nuovi proprietari potrebbero riuscirci. Un decreto ministeriale del 2013 ha sdoganato i cosiddetti Css (tecnicamente “combustibili solidi secondari”, in pratica “sostanze derivanti da rifiuti”) consentendo ai cementifici di bruciarli. Tuttavia, lo stesso Comitato ministeriale che monitora l’applicazione del decreto ha segnalato quasi subito che la normativa è poco chiara. Regioni e Province non sanno se equiparare i cementifici che usano Css agli inceneritori. In tal caso bisognerebbe fare delle Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) e sottoporre gli impianti a controlli e limiti più stringenti. Il risultato è che gli enti competenti si trovano a decidere sotto il fuoco incrociato dei sindaci (che chiedono maggiori tutele per salute e ambiente) e dei proprietari (interessati a risparmiare sui costi).
Per chiarire questo aspetto ho presentato un’interpellanza al Ministero dell’Ambiente. Il decreto è in vigore ormai da quattro anni e non è accettabile che permanga ancora questa incertezza.
Il problema però non è soltanto tecnico, ma politico. Il cementificio rappresenta infatti tutti i limiti e le carenze del nostro Paese. C’è un ritardo normativo che genera scontri legali, costi inutili e tanta burocrazia; c’è un ritardo di una politica industriale incapace accelerare le riconversioni; c’è un ritardo nelle politiche culturali e turistiche e ambientali (altri Paesi stanno investendo da trent’anni per rendere belle, sane e attrattive le proprie risorse naturali); c’è un ritardo anche nelle politiche sociali e occupazionali, perché la riconversione va fatta tutelando i lavoratori e accompagnandoli verso nuove opportunità. Solo così si evita il ricatto della perdita dei posti di lavoro.
Va ricordato che Tavernola e i Comuni limitrofi sono contrari da anni all’uso di rifiuti e simili. L’Europa ha espresso più volte perplessità sulla proliferazione di inceneritori e pseudo-inceneritori, soprattutto in zone critiche come la Lombardia. Perfino il Consiglio dei Ministri (decreto del 10 agosto 2016) parla di un “surplus di incenerimento” e di una sostanziale “saturazione impiantistica” nella nostra Regione.
Insomma, vedremo nell’immediato cosa risponderà il Ministero. Nel frattempo però, in via sperimentale, il cementificio di Tavernola potrà bruciare Css per cinque mesi. Come dire: intanto bruciamo, poi vedremo se l’aria che i cittadini respirano sarà più o meno inquinata di adesso.
In ogni caso il nostro lago sarà al sicuro solo quando al Governo ci sarà qualcuno con una visione d’insieme a lungo termine. I nostri programmi su lavoro, welfare e ambiente mi convincono ancora di più che l’unica forza politica in grado cambiare le cose sarà il MoVimento 5 Stelle. Mi auguro soltanto che i cittadini abbiano il coraggio di scegliere e cambiare veramente.
La mia interpellanza sul tema dell’utilizzo di Css nel cementificio di Tavernola.
Intervento in Aula per sollecitare la discussione dell’interpellanza sul tema dell’uso dei CSS nei cementifici (mercoledì 6 dicembre 2017).