ROMA, 7 ottobre 2015 – “Il patrimonio culturale italiano è un bene comune che deve essere sempre aperto al pubblico e ai turisti. Siamo dunque d’accordo sul principio per cui la fruizione delle nostre bellezze è assimilabile a un servizio pubblico essenziale.
Ma se siti come Pompei o il Colosseo restano chiusi è solo ed esclusivamente per colpa del governo, che non può pensare di fare le nozze con i fichi secchi”. Lo dicono i deputati M5S che oggi, con Tiziana Ciprini, hanno incontrato i rappresentanti della Flp-Federazione lavoratori pubblici, guidati dal segretario generale Marco Carlomagno, per un tavolo in merito alle ricadute del ‘decreto Colosseo’ in discussione alla Camera.
“Palazzo Chigi, che dice di voler puntare molto sul turismo, stanzia appena lo 0,37% del Pil per i nostri beni culturali e paesaggistici, contro lo 0,6-0,7% di nostri diretti concorrenti come Francia o Spagna. I lavoratori della cultura – spiegano gli eletti Cinquestelle – erano 30mila 30 anni fa e oggi sono ridotti a 17mila. E’ così che si pensa di garantire aperture continue, serali o straordinarie di musei e siti?”.
“Il Colosseo – giusto per restare al caso di cronaca della legittima assemblea sindacale da cui è sfociato l’inutile decreto-spot – produce un fatturato di 50 milioni di euro l’anno. Eppure ha appena sette custodi a turno, mentre le società private che gestiscono biglietteria e visite assorbono la metà degli introiti. Tutto ciò è inconcepibile”, denuncia il M5S Camera.
“Vogliamo una Pa al servizio dei cittadini e vogliamo un pieno godimento delle nostre ricchezze artistiche. Ma il governo non può pensare di ottenere ciò continuando a tagliare le risorse umane o evitando di pagare gli straordinari per mesi e mesi a chi lavora. Tra l’altro – proseguono i deputati Cinquestelle – il decreto regolamenta il diritto di sciopero, mentre il caso del Colosseo deriva da un’assemblea sindacale. Ed è evidente che la norma potrà essere estesa alle assemblee solo a seguito di un eventuale accordo tra Aran e sindacati. Dunque, il decreto Franceschini non centra nemmeno il bersaglio”.
“Siamo contrari a una strategia mirata solo su alcuni beni, che privatizza i profitti, socializza le perdite e schiaccia i diritti del lavoro. Il nostro enorme patrimonio culturale va valorizzato tutto e gestito direttamente dallo Stato – chiude il M5S Camera – secondo una logica di investimento produttivo che può generare ritorni enormi in termini di ricchezza per il nostro Paese”.