Da diciotto anni l’associazione Adapt – realtà fondata dall’economista Marco Biagi – produce ricerche e studi comparati nel campo del lavoro e delle relazioni industriali, anche sul piano internazionale. Si tratta di una realtà importante, impegnata anche nell’alta formazione e a cui collaborano alcuni tra i personaggi più autorevoli del panorama economico italiano.
Ho accettato volentieri l’idea di contribuire a un paper che non solo raccoglie le proposte sul lavoro formulate dalle diverse forze politiche in campo, ma che vuole essere anche una base di rifermento per i dottorandi della Scuola di formazione, chiamati – si legge nella prefazione – «a guardare alle politiche del lavoro non soltanto con le categorie astratte […] bensì con la minuziosità dell’esperto che continuamente mette alla prova le proprie soluzioni con la complessità della realtà».
Assieme a quelle di personalità come Tommaso Nannicini (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), Pietro Grasso (presidente del Senato) o Claudio Borghi (responsabile economico della Lega) troverete la mia sintesi. Una sintesi che, a mio avviso, ben rappresenta lo spirito del programma Lavoro del MoVimento 5 Stelle su cui abbiamo lavorato per cinque anni con metodo, coinvolgendo i cittadini e senza mai dimenticare le vite e la dignità dei lavoratori.
A tre giorni dal voto del 4 marzo vi lascio dunque con questa lettura. Buon voto e… a riveder le Stelle!
MOVIMENTO 5 STELLE
di Claudio Cominardi
Per il MoVimento 5 Stelle serve un nuovo paradigma del mondo del lavoro e serve una visione d’insieme affinché si possa costruire una reale e sostenibile prospettiva per il Paese.
Non è un caso se la nostra forza politica è stata l’unica nella storia a elaborare uno studio interdisciplinare e predittivo attraverso un metodo di ricerca sociale su come evolverà il mondo del lavoro da qui al prossimo decennio (Lavoro2025). Questo perché riteniamo sia necessario prevedere il futuro per poterlo “programmare”.
In effetti da questo studio emerge come alcune variabili intervengano in maniera pervasiva nel mondo del lavoro, una su tutte il progresso tecnologico, ma anche la demografia, la globalizzazione, la scolarizzazione di massa e così via.
Il lavoro si sta trasformando, siamo ormai nell’era post industriale, nella quale il digitale ha il primato sia per nuove imprese create sia relativamente al valore di mercato generato da quelle più importanti, su tutte: Apple, Google, Microsoft, Amazon e Facebook.
L’Italia purtroppo arranca, nonostante l’enorme potenziale.
Occorrono quindi delle proposte organiche che non riguardino esclusivamente le materie giuslavoristiche e per questa ragione nel programma di Governo del MoVimento 5 Stelle abbiamo previsto una serie di iniziative che messe a sistema faranno diventare il nostro Paese degno del suo nome. Penso alla creazione di una Banca Pubblica per gli Investimenti per le piccole e medie imprese, agricoltori e famiglie. Penso agli investimenti produttivi per 50 miliardi di euro nei settori strategici, in via prioritaria su: innovazione, energie rinnovabili, manutenzione del territorio, contrasto al dissesto idrogeologico, adeguamento sismico, banda ultra larga e mobilità elettrica. Penso alle 400 leggi inutili che il M5S vuole abolire per ridurre il peso della burocrazia per le imprese e i cittadini. Penso alla riduzione del cuneo fiscale, alla riduzione drastica dell’Irap e alla reale abolizione degli studi di settore, dello split payment, dello spesometro e di Equitalia. Penso alla valorizzazione e alla tutela del “made in Italy”, uno dei marchi più importanti al mondo in termini di prodotti e beni culturali.
Penso poi alle opportunità occupazionali della green economy dove è stimato che in Italia l’economia del riciclo potrebbe generare 200 mila posti di lavoro e che per ogni miliardo di euro investito nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica avremmo invece 17 mila posti di lavoro. Parliamo anche di Smart Nation e degli investimenti ad alto moltiplicatore occupazionale per creare nuove opportunità di lavoro e nuove professioni. Agli investimenti in tecnologia, nelle nuove figure professionali, internet delle cose (IOT), auto elettriche e digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Entrando più nel merito delle proposte legate al lavoro, prevediamo un finanziamento di oltre 2 miliardi di euro per la riforma dei centri per l’impiego che significa politiche attive e formazione continua per chi perde il posto di lavoro. Al superamento della Legge Fornero con l’introduzione di nuovi meccanismi di pensionamento come la “Quota 41” e “Quota 100”, i lavori usuranti, opzione donna e la staffetta generazionale. Pensionare chi lavora da una vita significa rilanciare la nostra “forza lavoro” con risorse giovani: i cosiddetti “lavoratori digitali” che oggi nel 50% dei casi sono “disoccupati, inattivi o sottoccupati digitali”. Ragazzi spesso titolari di lauree e master, esperti in nuove tecnologie, abili nelle materie informatiche, predisposti al cambiamento dei processi produttivi in continua evoluzione, poliglotti, multitasking e pieni di entusiasmo darebbero una incredibile spinta innovativa e creativa.
Dobbiamo smentire alcuni luoghi comuni. A differenza di quanto si possa immaginare, l’Italia è uno dei Paesi in cui mediamente si lavora maggiormente in Europa. È inoltre il Paese in cui gli stipendi e le tutele continuano inesorabilmente a contrarsi rispetto ai diretti competitors. È il Paese in cui il tasso di disoccupazione – in particolare quella giovanile – è a livelli preoccupanti. Mentre in Italia le ore di lavoro annuali per persona sono 1.725, in Francia sono 1.482, in Germania 1.371. Il risultato è che il tasso di occupazione in Italia è del 57,2%, in Francia del 64,2%, in Germania del 74,4%. Questi dati per dimostrare come le politiche volte a ridurre il gap di produttività con gli altri Paesi esclusivamente attraverso la flessibilità sia stato fallimentare, mentre una politica volta a redistribuire la conoscenza, le opportunità, le tutele e il lavoro sarebbe sicuramente più efficace.
Mai come oggi appare chiaro come sia necessario introdurre forme di sostegno al reddito come previsto dal “Reddito di Cittadinanza”, in quanto si tratta di un riattivatore sociale grazie ai specifici programmi formativi e di ricollocamento professionale. Si tratta anche di una manovra economica che sostiene e alimenta la forte propensione marginale al consumo di chi sta al di sotto della soglia di povertà. Infine è uno degli strumenti maggiormente efficaci per mantenere un certo ordine sociale considerato che un povero è border-line con l’illegalità. Del resto se ne parla in Silicon Valley dove l’Alphabet di Google sta facendo degli esperimenti sull’applicazione di un reddito di esistenza, oppure in Finlandia da tempo sono avviati dei progetti sperimentali (che peraltro dimostrano come i percettori del sostegno si sentano stimolati a cercare un lavoro). Persino Robert Reich, ex segretario del lavoro del Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton con un documentario dal titolo Inequality for all mette al centro il problema della disuguaglianza sociale e della scomparsa della classe media che mette a rischio il sistema capitalistico, visto che il 70% della spesa al consumo è determinata appunto dalla classe media.
Per il M5S concretizzare e mettere a sistema tutte queste proposte significa trasformare l’Italia in una nazione efficiente, produttiva, proiettata al futuro ma senza dimenticare la dimensione umana del lavoro.
A seguire la versione integrale del paper di Adapt.