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Brescia e Bergamo sono province fondate sul lavoro. O meglio: il loro benessere economico è fondato sul sudore e sulla fatica di migliaia di persone entrate nel mondo del lavoro giovanissime, spesso ancora minorenni. Edili, operai, ambulanti, agricoltori, oppure semplici dipendenti del settore pubblico e privato.

Precoci in Lombardia (2017)

Non è un caso se la “Leonessa” è la seconda provincia lombarda per numero di “precoci”, cioè per uomini e donne che hanno 40, 41 o persino 42 anni di contributi alle spalle, ma che non riescono ancora ad andare in pensione a causa della Legge Fornero. Bergamo è la terza. Davanti a loro c’è solo Milano.

Questi dati sono stati forniti dal Ministero del Lavoro rispondendo a un’interrogazione di Davide Tripiedi sottoscritta da me e dal collega Dino Alberti in nome dei precoci bresciani e bergamaschi. E’ forse l’ultimo atto in una legislatura guidata per cinque anni da amici delle banche e nemici dei veri lavoratori.

Solo nella mia provincia esistono 28.646 persone in questa condizione. Nella Bergamasca ne troviamo quasi altrettante (24.814). Se i numeri non rendono l’idea, sappiate che in tutta la Lombardia ci sono ben 225.825 precoci!

Veniamo al punto. Per potere ottenere l’anticipo pensionistico è necessario aver versato 41 anni di contributi. Già con questo requisito la platea dei precoci viene quasi dimezzata (115.426).

Poi ci sono altre condizioni particolarmente selettive e che falciano drasticamente i potenziali beneficiari dell’Ape. Innanzitutto bisogna aver lavorato per almeno 12 mesi prima dei 19 anni di età. Infine occorre dimostrare almeno una di queste caratteristiche:

– essere in stato di disoccupazione e senza ammortizzatori da almeno tre mesi;
– godere di un’invalidità civile per un minimo del 74%;
– essere lavoratore dipendente impegnato in attività particolarmente gravose da almeno 6 anni;
– fornire assistenza da almeno 6 mesi a coniugi o parenti di 1° grado con disabilita grave.

Istanze accolte per tipologia

Risultato? Le richieste presentate dai lavoratori precoci bresciani e accettate sono solo 478 (il 3,3% sul totale dei “quota 41+42”). A Bergamo 526 (4,4%). In tutta la Lombardia le richieste accolte sono ridicole: 2.713.

Per dirla in altre parole, circa 98 persone su 100 continueranno a lavorare pur avendo sacrificato gran parte della propria vita al lavoro. Solo due riusciranno a tirare un sospiro di sollievo.

Potrei ricordare per l’ennesima volta tutte le battaglie fatte per difendere il diritto alla pensione perlomeno ai “quota 41” e “quota 42”, ma dopo tanti numeri ho una sola domanda che mi frulla per la testa. A chi vorremo affidare l’Italia per i prossimi cinque anni?


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