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In quattro anni il M5S ha fatto ciò che la politica non ha fatto in trent’anni: ha analizzato le tendenze dell’economia, dell’industria e della società per capire come sarà il mondo del lavoro nel futuro.

Per la ricerca Lavoro 2025 non ci siamo limitati a chiamare esperti e consulenti, ma abbiamo creato un team che, con metodo scientifico, ha sviluppato una visione d’insieme del futuro: una fotografia che durante la prossima azione legislativa non potrà essere ignorata.

Pensiamo al dato ricordato nell’intervista del 23 gennaio su Radio Rai Uno: è probabile che da qui al 2025 i robot e l’automazione contribuiscano a generare 13 milioni di posti di lavoro, ma anche a distruggerne 22 milioni. Globalizzazione e tecnologia sono due variabili chiave della ricerca e su questo scenario negativo concordano moltissimi analisti, enti, istituzioni, centri finanziari e di ricerca di tutto il mondo.

Ebbene, come deve prepararsi un Paese che vede la disoccupazione giovanile al 40% e i cui Governi hanno detestato gli straordinari favorendo il prolungamento dell’orario lavorativo di chi un lavoro già ce l’ha? L’Italia è con la Grecia il Paese europeo dove si lavora di più: i nostri indici economici negativi sono un caso?

Una rappresentazione geografica per media di ore lavorate.

Al di là dei freddi dati, qualsiasi forza di governo non può astenersi più dal dovere di ridurre le disuguaglianze e le disparità sociali (oggi in Italia 10 milioni di cittadini sono classificati come poveri, mentre secondo l’ultimo rapporto Oxfam nel mondo 8 persone detengono la ricchezza di 3,6 miliardi di persone!). Come tradurre alcuni enormi pericoli in vere e proprie opportunità?

Le iniziative che il M5S vuole porre in essere sono molteplici. Non solo ribadiamo la necessità di avviare un osservatorio nazionale sugli impatti dell’innovazione tecnologica su professionalità e occupazione (tema al centro di una mia risoluzione fin dal 2014), ma riteniamo indispensabile anche l’avvio di una vera riflessione sugli orari del lavoro.

Non possiamo più fare a meno di una vera forma di sostegno al reddito come il reddito di cittadinanza, affiancato da strumenti che accompagnino le persone lungo percorsi di formazione sensati e verso un reale impegno sociale, e che le motivino nella ricerca di una nuova occupazione. Con un investimento di 1,5 miliardi il M5S propone la riforma integrale dei centri dell’impiego, oggi del tutto inadatti allo scopo per il quale erano nati, ma graditi alle agenzie che speculano sui contratti e sulla disoccupazione.

Un’ultima parola sul reddito di cittadinanza. Quando parlo di un reddito di cittadinanza “vero” penso a quello che il M5S finanzierebbe con 15 miliardi all’anno. Non al miliardo e mezzo spalmato su due anni che il Governo Renzi ha impegnato per un numero limitato di persone. Il punto non è che quest’elemosina non è sufficiente, ma è fatta senza la minima percezione di come cambierà il mondo nei prossimi dieci anni. E lo studio “Lavoro 2025” lo dimostra.

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Le ragioni dello studio Lavoro 2025 spiegate a Radio Rai Uno.

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