Ecco la lettera scritta da alcuni navigator e che tutti dovrebbero leggere:
“Abbiamo ascoltato la trasmissione Focus Economia curata da Sebastiano Barisoni, venerdì pomeriggio su Radio24 e abbiamo dovuto purtroppo constatare che è cascato anche lui nel pop classico da “ANPAL-MANIA”. E ci dispiace perché spesso sulle tematiche economiche alcuni programmi riesce ad approfondire meglio di altri.
Sui navigator infatti si è adeguato alla massa, al luogo comune che tanto piace. Soprattutto quando ha posto l’interrogativo: “A quante persone hanno trovato lavoro i navigator?”, che è la domanda retorica che si ascolta nelle trasmissioni di pseudo-inchiesta serali, con ovvi slanci e messaggi politico elettorali.
È “comprensibile” che le agenzie di somministrazione vogliano prendersi quel poco che il sistema pubblico conserva ancora rispetto al mercato del lavoro. Ma tirare fuori sintesi così trancianti rispetto a un tentativo comunque innovativo di mettere mano alle politiche attive, ferme da 30 anni, è quantomeno “riduttivo”. Lo è anche dare “un voto” superficiale a migliaia di professionisti, almeno per un “luogo” che si pone come di dibattito economico e non di scherno.
Ricordiamo che i navigator “non cercano solo posti di lavoro”.
In questi mesi hanno convocato e colloquiato oltre 775mila percettori di Reddito di Cittadinanza, giungendo alla sottoscrizione del Patto per il Lavoro per almeno 388mila beneficiari occupabili. Sono dati certificati al 31 luglio 2020 e che nelle prossime rilevazioni vedremo ulteriormente incrementati.
I navigator hanno informato centinaia di migliaia di beneficiari circa gli strumenti di ricerca attiva a loro disposizione. Li hanno sostenuti nella scrittura di un CV, nell’iscrizione ai portali delle care agenzie, nel rispondere alle offerte di lavoro.
Tutto è stato fatto in pochi mesi, con in mezzo una pandemia mondiale. E anche in lockdown hanno contattato migliaia di aziende mappando così le opportunità occupazionali – immediate e future – da mettere a disposizione dell’intera utenza dei Centri per l’Impiego.
Diciamo al dottor Barisoni che siamo navigator e confermiamo che qualcosa si poteva fare meglio, in tempi e modi diversi. Ma davvero ritiene poca cosa i 352mila contratti di lavoro sottoscritti da percettori di Reddito (26% circa sul totale degli occupabili)? Davvero si ritiene poca cosa gli oltre 192mila contratti ancora in corso al 31 ottobre?
Forse ci si dimentica che la nostra utenza non è selezionata come quella delle agenzie di somministrazione, ma è spesso caratterizzata da bassa scolarizzazione, analfabetismo digitale, disoccupazione di lungo corso.
Già, noi ci occupiamo proprio dell’utenza che un’APL lascia fuori la porta.
E allora che si fa? Un sussidio economico vecchio stampo, facile facile? O davvero ritiene folle provare a dare un’opportunità a persone con maggiori difficoltà?
Saranno anche meno collocabili, questi cittadini, ma spesso si parla di donne e uomini che pur avendo lavorato per molti anni sono rimasti soli, senza un reddito, senza reti di sostegno.
E lasciamo stare i delinquenti, che con il REI era identico.
Noi abbiamo sempre fatto ciò che la legge ci dice di fare: tra le funzioni di un navigator vogliamo ricordare l’obbligo di segnalare tutti quelli che non si sono presentati alla convocazione del centro per l’impiego.
Siamo certi che c’è tanto da lavorare e migliorare, ma almeno si è cominciato a muovere qualcosa nonostante le differenze tra Regioni, che – occorre ricordarlo – governano le politiche attive e incidono direttamente sui nostri risultati.
Dire che gira tutto perfettamente sarebbe falso. Ma bisogna riconoscere che una manovra così imponente e che per la prima volta prova a prendere come riferimento i sistemi di politiche attive più avanzati (legga i numeri dei dipendenti dei CPI tedeschi, ad esempio) ha bisogno di tempo.
Quanto a noi, lavoriamo da poco più di un anno con 6 mesi di crisi mondiale in mezzo. Siamo collaboratori, non dipendenti, e abbiamo vinto una selezione a cui hanno partecipato oltre 70.000 persone. Non è intellettualmente corretto ironizzare sull’operato di migliaia di persone laureate, altamente titolate, senza conoscere la materia nel dettaglio e la serie di problematiche che si riscontrano ogni giorno.
Non chiediamo nulla che non ci spetti e continueremo a lavorare nonostante le simpatiche ironie, però sarebbe opportuno orientare il dibattito verso ipotesi costruttive, anziché verso letture semplicistiche dei fatti e sintesi che offendono prima di tutto la dignità di centinaia di lavoratrici e lavoratori.
Un timore reale, per esempio, è che con questo impianto normativo e con le risorse attualmente a disposizione dei centri per l’impiego, quando le politiche attive si rimetteranno pienamente in moto (lo speriamo davvero tutti!) il sistema potrebbe non reggere.
Tutto sta a capire se si vuole contribuire. O se si preferisce alimentare una retorica di basso livello che va avanti ormai da troppo, troppo tempo.
Sergio Izzi
Andrea De Carlo
Alex Paniccia
Marco Amicone