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Non sono nemmeno passati tre giorni da quando abbiamo lasciato i lavori di commissione sul #JobsAct.

Le abbiamo provate tutte per convincere i partiti a non approvare la Legge più importante e dagli effetti più dirompenti di questa legislatura.

– L’abbiamo fatto denunciando l’incostituzionalità di una Legge Delega in bianco in quanto priva dei criteri direttivi e postuma di un voto di fiducia al Senato, fatto mai accaduto nella storia della Repubblica.
– L’abbiamo fatto entrando nel merito di ogni argomento trattato: l’agenzia unica che toglie autonomia agli enti di controllo e vigilanza che fanno rispettare le norme sul lavoro, il demansionamento per legge che legittima il mobbing, il controllo a distanza che lede la dignità dei lavoratori, l’estensione del lavoro accessorio che liberalizza la precarietà a salari indecenti, la libertà di licenziamento e molto altro ancora.
– L’abbiamo fatto con delle proposte alternative, come quella di limitare la precarietà individuando un tetto alle assunzioni con contratti atipici e a termine per le aziende sopra un certo numero di dipendenti e riconoscendo loro una retribuzione maggiore. Abbiamo proposto una riforma dei centri per l’impiego fornendo strumenti, competenze, risorse e restituendo loro la centralità esautorata dalla concorrenza spietata delle agenzie di somministrazione. Abbiamo fatto proposte innovative sul concetto di flessibilità dell’orario di lavoro e delle ferie attraverso il modello della “flessibilità di squadra” per incentivare la conciliazione vita lavoro e la cooperazione tra colleghi. Queste sono solo alcune delle nostre proposte che sono a corollario del primo obiettivo, ovvero il reddito di cittadinanza che potrebbe finalmente offrire un’opportunità di riscatto a chi ha perso ogni speranza attraverso l’inclusione sociale, la buona formazione ed una maggiore propensione al consumo mirato.
– L’abbiamo fatto cercando di toccare la coscienza di tutti i commissari, con dei discorsi autentici, anche intimi e fortemente emotivi.

Nonostante l’impegno e la tenacia, tutto questo non è servito a nulla. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’emendamento Gnecchi riformulato dal Governo che mette fine ad ogni tutela svuotando ulteriormente l’articolo 18. Non esisterà più la reintegra per i licenziamenti di carattere economico e verrà messa mano sui licenziamenti di natura disciplinare tipizzando le fattispecie, ancora non si sa come…

A quel punto, in un clima surreale dove anche qualche parlamentare del PD era scioccato per quel che stava accadendo, li abbiamo lasciati da soli. Ci siamo rifiutati di partecipare e legittimare la farsa che si stava consumando, essendo consci che il dibattito era esclusivamente tra la direzione del PD, Sacconi e Ichino sotto le direttive generali della Merkel.

Ora non ci resta che portare fuori la verità citando nomi e cognomi di chi si è reso protagonista di questo scempio della democrazia e dei diritti fondamentali in materia di lavoro!

Stay tuned!