Il rapporto ISTAT più recente ci dice che abbiamo oltre 5 milioni di individui in povertà assoluta (per l’esattezza 5 milioni e 58 mila persone) e oltre 9,3 milioni in povertà relativa (9 milioni e 368 mila): si tratta di una piaga sociale incredibile contro la quale intervenire è assolutamente necessario.
L’Europa ci chiedeva di intervenire con strumenti adeguati già in tempi non sospetti, con specifiche Raccomandazioni che risalgono agli anni Novanta. La cosa incredibile è che oggi in Italia, secondo l’OCSE, i disoccupati supportati con forme di sostegno al reddito e con programmi di riqualificazione sono solo l’8,4%, quando altrove abbiamo percentuali da capogiro: 63,7% in Finlandia, 60% in Belgio, 42% in Francia. Persino negli USA, tradizionalmente meno inclini a forme di sostegno pubblico, la percentuale è superiore (12,4%).
La povertà e la disoccupazione sono trasversali e interessano chiunque: uomini e donne da Nord a Sud, giovani e meno giovani che non riescono a rientrare nel mercato del lavoro, liberi professionisti, artigiani e commercianti costretti ad abbassare le serrande. Per tutti costoro si continua a ripetere che bisogna “creare lavoro”. La verità è che le regole del mercato del lavoro sono state stravolte per vent’anni senza porre rimedio alla crescente disoccupazione e povertà. Vogliamo aspettare altri vent’anni senza soluzioni? Noi no.
Per una piaga sociale e un’emergenza tanto gravi occorrono interventi forti, rapidi e trasversali, con interventi decisi nelle politiche attive e nella formazione, dando un ruolo centrale ai centri per l’impiego.
Quanto al reddito di cittadinanza va ribadito che si tratta di un riattivatore sociale, non di una forma di assistenzialismo. Chi dice il contrario dice il falso! Riguarda invece le politiche attive, che sono il volano che consente a chi perde il posto di lavoro e non ha alternative di potersi ricollocare in un mercato del lavoro in continuo mutamento.
L’Eurostat inoltre ci dice gli individui che si trovano in povertà relativa sono coloro che non raggiungono un reddito di 780 euro. Il reddito di cittadinanza vuole essere anche una forma di integrazione al reddito. Non vogliamo che i pensionati continuino a essere gli “ammortizzatori sociali” delle famiglie in difficoltà!
Come faremo? Presenteremo una proposta di legge collegata alla nota di variazione del Def. Servono risorse, ma questo è l’ultimo dei problemi. Già nella precedente Legislatura la Ragioneria dello Stato aveva certificato che le coperture ci sono. Faremo tutto il possibile per rispettare i parametri di bilancio e agiremo diversamente solo se necessario, senza mai dimenticare che la dignità delle persone viene prima dei numeri.