La parola #flessibilità è sulla bocca di tutti. Molti però confondono il concetto di flessibilità con la #precarietà, che non è altro che una conseguenza di una cattiva applicazione della flessibilità stessa.
Mi spiego meglio, quando i governanti impongono per legge la liberalizzazione dei contratti a termine introducendo le 5 proroghe in tre anni e un numero illimitato di rinnovi senza che ci sia l’obbligo di specificare una causale nel contratto, questa non si dovrebbe chiamare flessibilità in entrata e uscita, ma flessibilità subita (dal lavoratore).
Lo stesso discorso vale per l’abolizione dell’articolo 18, o l’introduzione di innumerevoli contratti di lavoro. Queste sono tutte operazioni che penalizzano solo una delle due parti sociali che compongono il mercato del lavoro, ovvero i lavoratori.
Si tratta quindi di una flessibilità unidirezionale!
Esempi di flessibilità non più a senso unico continuano a diffondersi nel mondo, uno su tutti quello del numero 1 della “Virgin” (Richard Branson) che ha deciso di cancellare l’orario di lavoro e lasciare che i suoi dipendenti si gestiscano orari, pause e ferie, a patto che non sia a discapito dei risultati.
Direi un ottimo esperimento che non passa attraverso lo sfruttamento del dipendente, ma nell’andare in contro reciprocamente alle proprie esigenze.