L’Italia è ritenuto da autorevoli studi il Paese con il più alto indice di precarietà in Europa, seconda solo alla Spagna. L’incertezza e lo sfruttamento dei giovani e meno giovani impera in ogni angolo dello Stivale.
Ora, dopo decenni di politiche volte a svalutare salari e diritti, per la prima volta un Governo ha voluto mettere al centro del dibattito il tema delle tutele a partire dai “contratti di lavoro a scadenza”. Lo ha fatto con il Decreto Dignità (qui le mie tre pillole video sul capitolo lavoro).
Stiamo parlando di un provvedimento che riduce il numero di proroghe possibili per i contratti a termine (da 5 a 4), la durata (da 36 a 24 mesi) e l’introduzione della ragion d’essere successivamente al primo rinnovo o dopo i primi 12 mesi. Un decreto che vuole disincentivare il ricorso al lavoro somministrato e che ne punisce l’utilizzo fraudolento. Un decreto che incentiva la trasformazione dei contratti a termine in lavoro stabile, le assunzioni dei giovani e disincentiva i licenziamenti illegittimi. Cosa ci sarebbe di male in tutto ciò?
La levata di scudi di alcune corporazioni sono a mio avviso incomprensibili. In primis le dichiarazioni del presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, secondo cui il Decreto Dignità servirebbe solo “a far perdere il lavoro alla gente”. (8 agosto 2018, intervista a “Radio Anch’io”).
Sarebbe sufficiente una semplice comparazione con i Paesi Comunitari per comprendere la bontà dell’iniziativa dell’esecutivo. Dati alla mano: in Europa i contratti a tempo determinato consentono fino a tre proroghe, la durata massima è di due anni e le causali esistono praticamente ovunque – come in Germania dove viene applicata la cosiddetta “causale attenuata” molto simile a quella introdotta con il dl Dignità.
Con queste proposte nessuno ha mai sostenuto che aumenterà l’occupazione, così come non è accettabile ritenere il contrario. Uno studente al primo anno di università sa benissimo che sono gli investimenti e la domanda aggregata i fattori principali che stimolano la creazione dei posti di lavoro, il Governo lo sa bene e orienterà le prossime politiche proprio in questo senso.
L’idea che la sinistra da un lato e la destra dall’altro abbiano attaccato le proposte in oggetto con argomentazioni spesso ideologiche e contrapposte mi convince ancor di più che stiamo andando nella direzione giusta, quella dei cittadini.