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Si può salvaguardare l’equilibrio idrogeologico dei nostri territori e risanarli dal dissesto generando reddito per il Paese tutto, dal Trentino alla Sicilia? Certamente sì.

È ciò che il Governo del Cambiamento ha deciso di fare con il “Piano nazionale per la sicurezza del territorio”: un intervento che unisce le forze della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri dell’Ambiente, del Sud e delle Politiche agricole, coinvolgendo anche le Infrastrutture e i Trasporti, l’Interno e la Difesa.

L’impegno economico di tutti i soggetti

Sono quattro le parole chiave di questa rivoluzione: prevenzione, emergenza, manutenzione e semplificazione. Su questi punti chiave diamo vita a un massiccio riordino delle norme e delle risorse che mai nessun partito o forza di Governo fino ad oggi si è preoccupato di portare ad unità.

Lo stanziamento è di circa 11 miliardi per il triennio 2019-2021 ma la strategia del piano guarda lontano, fino al 2030, segno che nella tutela e nella crescita del Paese investiamo con coraggio. Non solo: non c’è dubbio che in questo modo daremo un forte impulso allo sviluppo del nostro mercato del lavoro perché, come evidenzia il Cresme, un miliardo di euro speso in grande opere genera occupazione per 500 persone, lo stesso miliardo speso in ristrutturazioni, riqualificazioni, tutela del territorio, dissesto idrogeologico e in generale nell’economia green ne produce 13.000, circa 25 volte tanti.

Entro fine aprile sarà definito un piano con le opere urgenti che potranno essere completate già entro il 2019, con un budget a disposizione di circa 3 miliardi di euro.

Ingrediente essenziale per il successo del Piano sarà la collaborazione con Regioni e Province autonome nel raggiungimento di un obiettivo comune: preservare l’integrità del nostro ecosistema mediante l’impiego delle professionalità, delle imprese di costruzioni, presenti sui territori. Il potenziamento degli attori coinvolti spetterà al Ministero dell’Ambiente mentre ogni amministrazione potrà contare sulla figura del “green manager” anche per il dissesto idrogeologico.

Per stimolare l’avvio di nuovi cantieri, l’erogazione dei finanziamenti sarà più snella e non avverrà più attraverso rimborsi per opere fatte, ma con acconti di almeno il 30% dell’importo progettuale. Una scelta audace, che sarà attentamente monitorata.

Sul versante della manutenzione, il Piano prevede l’attuazione di una gestione sostenibile delle nostre foreste anche per sostenere la filiera italiana del legno. Allo stesso modo, mediante il recupero dei terreni abbandonati, vogliamo valorizzare la crescita delle aziende agricole gestite dagli under 35 in Italia più che nel resto d’Europa.

Concorreranno infine all’implementazione del Piano anche le risorse dei Fondi Strutturali Europei per circa 1 miliardo e 600 milioni, che confluiranno in unico progetto sempre nell’ottica di un investimento sistemico.

È evidente dunque il valore che questo Governo dà alla parola “crescita”: la vogliamo qualificare come una crescita umana, in armonia con l’ambiente e che promuove un’occupazione giusta e resiliente.