(Pubblicato sul blog di Beppe Grillo il 5 febbraio 2022)
Di Beppe Grillo – Il Movimento è nato nel 2009, ma è stato concepito sul volgere del millennio. Oggi è un giovane Post-Millennial con le paure e le speranze della sua generazione. Le prime per un mondo sempre più precario e fragile, devastato dallo sfruttamento delle risorse, intriso di un’avidità straripante, incapace di dare prospettive ai giovani. Le seconde per le persone semplici, la passione civile, il rifiuto di un modello di sviluppo basato sulla dissipazione.
La vecchia classe dirigente non comprendeva – né comprende ancora – queste istanze, anche perché sono tutte in opposizione alla cultura dei Boomers, da cui dipendono molte ragioni del nostro disfacimento: da idealisti di un mondo più equo, solidale e sostenibile hanno finito per tradire sé stessi – e tradirsi fra loro – fino al punto di saccheggiare il presente come se non esistesse il futuro. Oggi assistono sbigottiti e increduli alla Great Resignation di chi ha lasciato il lavoro per vivere, piuttosto che vivere per lavorare.
Siamo stati accusati di toni aspri verso la vecchia classe dirigente, ma non abbiamo fatto altro che esprimere ciò che pensava (e pensa ancora) la gente comune, che non ne poteva (e ancora non ne può) più. Tant’è che spunta sempre qualche “vecchia volpe” che – ora promettendo una scarpa o un condono, ora minacciando una rottamazione senza incentivi, ora inghiottendo un’italica salsiccia e tuonando contro i wurstel – sfrutta questo sentimento popolare per salire al potere e chiudersi nella fortezza al posto di (o insieme a) chi lo ha preceduto.
Il movimento è stato accusato della stessa involuzione e di aver rinnegato i valori su cui è nato. Quest’accusa ricorda la parabola della trave e della pagliuzza, come se gli errori degli altri giustificassero i propri. E ben più gravi, tra l’altro, perché fatti da adulti smaliziati e non da giovani visionari e ingenui. E se l’alternativa deve essere il cinismo, rivendichiamo pure la nostra ingenuità, che potrà forse inciampare in una realtà più prosaica, ma resta anche il presupposto imprescindibile di un cambiamento che “appare impossibile, fino a quando non è fatto”.
Così chi mai avrebbe potuto immaginare che le nostre visioni del mondo sarebbero state le stesse del piano di rilancio dell’Unione Europea e del PNRR? Chi mai avrebbe previsto che una nuova forza riuscisse ad avviare un percorso di autoriforma della classe politica al punto di farla rinunciare ad alcuni dei (sebbene non tutti i) suoi privilegi più insopportabili? Chi avrebbe sospettato che un’idea visionaria come quella del reddito di cittadinanza – sostenuta perfino dagli economisti più liberali – avrebbe trovato “cittadinanza” proprio in uno dei paesi più corporativi dell’occidente?
Non tutto è andato come avremmo voluto, ma nessuno può negare che molti dei cambiamenti realizzati siano stati rivoluzionari. Alla spocchia e alla sufficienza di chi ci disprezza opponiamo la semplicità di chi ci ringrazia. Che è poi la semplicità nostra e delle nostre idee, rispetto alla presunta competenza di sedicenti ottimati che vivono di politica da quando hanno i calzoni corti, senza avere mai fatto uno dei lavori umili dei nostri, che per questo vengono pure derisi.
Fra i tanti travisamenti – se non mistificazioni – di questa nostra identità, c’è il teorema del nostro rifiuto della competenza, come se la competenza fosse inconciliabile con i desideri della gente comune. A prescindere dal fatto che l’istruzione media dei nostri è superiore a quella dei nostri avversari, la competenza non è certo l’arguzia delle “vecchie volpi”, la cui unica capacità dimostrata è di aggrapparsi al potere, se non di restare sulla linea di galleggiamento. La vera competenza, per noi, deve essere cercata nella società civile da cui proveniamo, fra i professionisti, gli imprenditori e i manager, vale a dire fra chi ha dimostrato di saper fare, e non di far sapere.
Questa nostra rivoluzione democratica è oggi chiamata a passare dai suoi ardori giovanili alla sua maturità, senza rinnegare le sue radici ma individuando percorsi più strutturati per realizzarne il disegno. La nostra visione del mondo è sempre la stessa: vogliamo costruire un futuro più sostenibile, equo, partecipato, accessibile e digitale. Cinque stelle polari che ricordano le cinque parole chiave delle proposte di Italo Calvino per il nuovo millennio, e che vorremmo oggi realizzare con indicazioni concrete e strutturate.
1. Leggerezza
Ripensare al modello di sviluppo, passando da un modello “pesante” e ipertrofico – che potremmo chiamare dalla “culla alla discarica” – a un modello “leggero” e sostenibile – che potremmo chiamare “dalla culla alla culla” – da non confondere con un modello di “decrescita felice” ma da identificare piuttosto nell’economia circolare.
Proposte: (1) tassa automobilistica basata sui consumi effettivi (di strada, di combustibili fossili, etc.) e non sulla cilindrata delle vetture. Grazie alla geolocalizzazione delle vetture il suo gettito potrebbe essere indirizzato, in tutto o in parte, alla manutenzione delle strade su cui più viaggiano, anche per dare un senso di partecipazione al costo sociale del trasporto su gomma; (2) imposta sui rifiuti proporzionale ai rifiuti (non riciclabili) generati, come avviene in Svizzera; (3) IVA proporzionale all’impronta ambientale dei prodotti e servizi acquistati; (4) incentivi per le imprese che realizzino centri di smart working vicini ai propri dipendenti
2. Rapidità
Realizzare un sistema di attuazione delle regole rapido e decentrato, anche attraverso la mobilitazione e la partecipazione dei cittadini.
Proposte: (1) incentivi privati per la tutela di interessi pubblici, analogamente a ciò che avviene negli Stati Uniti con le class actions, le azioni sociali di responsabilità dei soci di minoranza e i whistleblowers; (2) favorire la sussidiarietà orizzontale nell’erogazione di servizi pubblici, anche attraverso enti del terzo settore e/o risorse umane che godono di ammortizzatori.
3. Esattezza
Realizzare un sistema di regole certe e prevedibili.
Proposte: (1) realizzare sistema le cui sentenze siano più coerenti per favorire una migliore previsione dell’esisto dei contenziosi; (2) estendere l’istituto dell’interpello in materia fiscale ad altri ambiti della pubblica amministrazione; (3) libertà di accesso ai fornitori di servizi pubblici di diversi territori per favorire la competizione anche nel settore pubblico.
4. Visibilità
Assicurare trasparenza dei (e accesso ai) dati personali.
Proposte: (1) obbligo di comunicare i dati personali degli interessati a una “casella digitale” (repository) certificata da cui gli interessati potrebbero: (a) trovare in un unico indirizzo i titolari di trattamento dei dati che li riguardano; (b) esercitare tramite il medesimo indirizzo i diritti che già spettano loro in base al GDPR o che potrebbero spettar loro ai sensi di nuove norme; (c) rendere disponibili tali dati ai soggetti che ne facciano richiesta; (2) riordinare gli obblighi informativi al fine di alimentare database pubblici fruibili da imprese in un regime di accesso aperto.
5. Molteplicità
Estendere la partecipazione dei cittadini alle decisioni e alla crescita della società civile.
Proposte: (1) estensione dei referendum consultivi, per esempio come avviene in Svizzera da decenni; (2) rotazione o limiti alla durata delle cariche, anche per favorire una visione della politica come vocazione e non come professione; (3) coinvolgimento dei percettori di ammortizzatori sociali in attività di utilità sociale.