Premeditare un omicidio, la fuga in Tunisia e a distanza di tre anni “circolare liberamente” nonostante il pendente mandato di cattura internazionale, una richiesta di estradizione e una condanna definitiva a 30 anni di galera.
Tutto ciò è possibile – seppur incredibile – se il Paese di cittadinanza del criminale omicida è la Tunisia. Questo perché non esiste alcun accordo bilaterale tra l’Italia e la Tunisia relativamente alle richieste di estradizione; in soldoni, i cittadini tunisini sono liberi di delinquere in Italia se riescono a rifugiarsi nel loro Paese di origine prima di essere arrestati.
Tutto ciò grida vendetta al cospetto dei familiari che devono scontare le pene dell’inferno, le difficoltà di chi deve crescere due bambini rimasti senza madre e portar con sé il dolore per questa vergognosa ingiustizia.
Sto parlando dell’omicidio di Daniela Bani, che proprio ieri, martedì 19 settembre, avrebbe compiuto 33 anni. Una bellissima ragazza che conoscevo fin da piccolo, perché praticamente mia coetanea e perché siamo cresciuti insieme nello stesso palazzo per quasi trent’anni.
Non ne avevo mai voluto parlare prima di questa tragedia perché mi tocca emotivamente e perché spesso in politica “tragedia” fa coppia con “speculazione”, cosa che non mi appartiene per etica e morale.
Oggi, in seguito alla sentenza di condanna, è però necessario che lo Stato italiano si faccia sentire con tutti gli strumenti possibili nei confronti delle istituzioni tunisine affinché consegnino Mootaz Chambi nelle mani della giustizia italiana.
Per tale ragione poche ore fa sono stato al Ministero della Giustizia con il collega Vittorio Ferraresi e l’avvocato Silvia Lancini incontrando il Sottosegretario Cosimo Ferri e i suoi funzionari, che si sono resi disponibili ad attivarsi per risolvere questa complicata situazione.
Fra pochi giorni (22 settembre) sarà l’anniversario della scomparsa di Daniela. Spero sarà l’occasione per ricordarla non solo a parole ma con delle azioni concrete di reale sostegno alla famiglia, a cominciare dalla certezza della pena.
Un forte abbraccio a tutta la famiglia e a Daniela, che sperò avrà compassione di questo mondo tanto, troppo, ingiusto.
Il testo dell’interrogazione presentata in Commissione Giustizia.
Per la risposta del Ministero consulta l’articolo del 22 novembre 2017.